venerdì 29 gennaio 2010

La vita culturale nel MSI delle origini

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Chi ha frequentato le sedi missine tra il 1947 e il 1968 rammenta senza difficoltà che il tema dominante nei dibattiti che vi si svolgevano era la restaurazione dell’unità civile e spirituale degli italiani.
La feroce divisione degli animi che ancor oggi proietta un’ombra velenosa sulla vita politica del nostro paese, era considerata, infatti, il peggiore dei mali che avvelenano il corpo di una nazione.
Gli storici che scrivono della destra contemporanea, ad esempio Giuseppe Parlato, Antonio Carioti e Adalberto Baldoni, avendo studiato e ricostruito la vicenda del Msi nel dopoguerra senza farsi accecare dal livore antitaliano, ammettono che, nell’appassionata ricerca della via alla pacificazione nazionale, e solo in questo il Msi era erede della politica opera del regime fascista.
Benito Mussolini aveva pacificato l’Italia costruendo una solida cerniera, fatta di cultura e di immagini, tra le grandi memorie del passato e l’Italia moderna tormentata dalla divisione degli spiriti, conseguenza del laicismo professato dai protagonisti dell’impresa risorgimentale.
Non un apologeta del fascismo, ma il più autorevole testimone e il più imparziale giudice della vita italiana di quel tempo, Pio XII, nell’enciclica ”Summi Pontificatus” pubblicata il 20 ottobre del 1939 poteva affermare, senza tema di smentita, che “la diletta Italia mercé la provvidenziale opera dei Patti lateranensi” occupava un posto d’onore fra gli stati con le quali la Santa Sede si trovava u amichevoli relazioni: “Da quei Patti ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile,
la pace di Cristo restituita all’Italia”.

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