domenica 7 febbraio 2010

La modernità dopo il comunismo - Dalla contraffatta etica dei buonisti l’artificiale sopravvivenza dell’ideologia

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Il delitto umanitario era il motore etico della macchina avanzante dal mondo moderno verso la deliziosa Terra, che era promessa dalla parodia del regno messianico.
Aleksandr Solgenitsin, infatti, rammenta che, nella nostra età, i rivoluzionari non uccidono in accessi di furore ma in obbedienza a quel freddo calcolo e a quello spirito organizzativo, che costituiscono il risultato della civiltà sedicente umanistica (cfr.: “Due secoli insieme Ebrei e russi durante il periodo sovietico”, traduzione di Giuseppe Giaccio, Controcorrente, Napoli 2007, pag. 453).
Un mondo nuovo e senza ombra d’ingiustizia occupava l’orizzonte visionario del mondo moderno. Che splendido ideale, la società del futuro! La purificazione, che vasta, religiosa missione! La rivoluzione, infine, che giorno radioso! Avanti popolo, dunque: Qu’un sang impure arrose non sillons.
Il frizzante verso dell’inno marsigliese non esorta a punire i colpevoli di un delitto ma a sopprimere i generici impuri. Tale esortazione riassume felicemente il fondamentale principio, che l’ateismo degli utopisti ha formulato rovesciando la sapienza cristiana [Mt., XIII, 40: soltanto alla fine del mondo l’impura zizzania sarà separata dal buon grano e consegnata al fuoco della giustizia] nell’ideologia contemplante la felicità vittoriosa in questo mondo.
A proposito di principii capovolti, Solgenitsin cita l’illustre poeta Alexandr Galic, autore del “Poema su Stalin”, dove è esaltato il trasloco della tarda giustizia divina nei lesti tribunali dei purificatori (annaffiatori) di scuola marsigliese: è spregevole fino al midollo l’esistenza che obbedisce al comandamento non giudicate, infatti, è compito dell’uomo separare il grano dalla zizzania, siamo noi i giudici! (op. cit. pag. 538).

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