sabato 30 gennaio 2010

La cultura di sinistra a Genova



A Genova (e non solo a Genova) la sinistra dei lanciatori di sassi etici è egemone per la spinta di vibranti e oberanti passioni, ma non ha radici culturali profonde. Marx è ormai sulle bancarelle dell’usato, e il braccio rosso dei balilla non è più guidato da una filosofia di riferimento. La maggioranza degli elettori d’area progressista condivide gli stati d’animo – sdegni da bacchettoni associati a furori transessuali, frenesie cosmopolitiche, cupi risentimenti, inconfessate invidie, amare delusioni – che tormentano i vertici del Pd, ma ha perso di vista i luminosi orizzonti, un tempo disegnati a uso del candore credente nell’ideologia. La verità è che, fin dall’immediato dopoguerra, la cultura autentica anziché nelle sedi della sinistra genovese, dove il Capitale giaceva intonso, soggiornava tra la curia del cardinale Siri e la destra. Sotto la guida del grande arcivescovo, studiosi d’alto profilo, quali Michele Federico Sciacca, Roberto Lucifredi, Maria Adelaide Raschini, Gianni Baget Bozzo, Luigi Guglielmo Rossi, Alberto Boldorini, Filippo Peschiera, Bruno Orsini, indicavano una via al progresso alternativa a quella percorsa dagli stalinisti. La destra genovese metteva in campo pensatori e scrittori del calibro di Carlo Costamagna, Emanuele Ghersi, fra’ Ginepro da Pompeiana, fra’ Clementino da Montefiore, Gino Sottochiesa, Sergio Bornacin ed Enzo Capaldo. Non per caso la prima generazione postfascista, a Genova, ha espresso giovani di valore, quali Giano Accame, Dina Festa, Giovanni Torti, Cesare Viazzi, Roberto Garufi, Domenico Fisichella, Piero ed Enzo Catanoso, Mario Sossi, Marcello Staglieno, Giuseppe Garibaldi, Alessandro Guarnirei, Giovanni Frangini, Sergio Pessot, Mauro Ravenna, Amleto Ballarini, Stefano e Paolo Mangiante, Pier Luigi Gatto.
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